Viviamo in un’epoca in cui sembriamo sempre più ossessionati dalla perfezione. Sui social, nella vita quotidiana, ci viene continuamente presentata l’immagine di persone che sembrano avere tutto sotto controllo. Ma la vera risata, quella che ci connette e ci libera, nasce proprio dall’imperfezione. E se c’è un luogo dove le imperfezioni vengono portate alla luce con sincerità, è la comicità. Ma non solo: la vulnerabilità, l’autenticità, sono proprio la chiave che permette al pubblico di ridere insieme, di sentirsi meno soli nelle proprie fragilità. E in questo processo, la mia vulnerabilità è diventata il nucleo stesso della mia comicità.
Da qualche anno, ho iniziato a dare sempre più spazio al mio monologo personale. Racconto le sofferenze della mia infanzia, il peso dell’educazione autoritaria che ho ricevuto, le difficoltà che ho incontrato nelle relazioni, e la crescente consapevolezza che, crescendo, le donne diventano per me sempre più difficili da comprendere. Questi sono temi che potrei trattare da solo, ma ho deciso di dare loro una forma più autentica e potente, rendendoli parte del mio spettacolo.
La vulnerabilità che traspare dalle mie parole è ciò che mi rende autentico agli occhi del pubblico. Non sto solo cercando di far ridere, ma anche di mostrare le cicatrici che ho portato con me, quelle che ci accomunano e che spesso cerchiamo di nascondere. Ignazzino, il mio pupazzo, diventa la postilla di questa vulnerabilità. Non è solo un personaggio comico che fa ridere per le sue battute irriverenti, ma è un canale attraverso cui esprimo quelle emozioni, quelle parti di me che non riescono ad emergere con la parola da solo. Quando Ignazzino parla, in realtà sono io che parlo. Ma con lui posso esprimere quel lato più primitivo, più crudo, che ha sempre avuto difficoltà a trovare spazio nel mondo razionale degli adulti.
Nel mio caso, la comicità non è solo una forma di intrattenimento, ma una vera e propria liberazione. Quando ridiamo delle nostre debolezze, stiamo dicendo “è ok non essere perfetti”. La comicità che nasce dalla vulnerabilità non è solo un atto di esposizione, ma di autoaccettazione. Ignazzino, con la sua imperfezione, mi permette di raccontare le mie storie con una leggerezza che altrimenti sarebbe difficile raggiungere. È come se fosse un mediatore, un filtro che rende più sopportabile la consapevolezza di quelle parti di me che, senza di lui, sarebbero troppo difficili da affrontare.
Quando Ignazzino fa un’intervento, non è mai solo una battuta. C’è sempre una sottile riflessione su ciò che c’è dietro, sulle emozioni e le paure che lo animano. È come se ogni sua parola rivelasse una parte della mia anima che, da solo, non riuscirei a tirare fuori. È questa la vera forza della vulnerabilità: quando ci esponiamo senza maschere, la gente non solo ci accetta, ma si sente più vicina a noi. E così, ogni risata diventa una sorta di condivisione.
Una ricerca continua dell’onestà di scena.
La vulnerabilità non è debolezza, ma una forza che ci permette di essere autentici. Ignazzino è la mia “faccia” più onesta, quella che parla senza filtri, senza paure. Quando salgo sul palco, non sono solo un comico che fa risate: sono anche una persona che sta cercando di affrontare le sue fragilità e che, con l’aiuto di Ignazzino, riesce a fare un passo avanti in questo percorso. Lui non è solo il mio complice comico, ma il mio alleato nel far emergere le verità più nascoste.
Nel tempo, il mio spettacolo è diventato una sorta di viaggio attraverso la mia vulnerabilità. Con Ignazzino, posso affrontare temi che mi hanno segnato, rendendo la risata un modo per affrontare e superare il dolore. Ogni battuta, ogni movimento, ogni scambio tra noi due è il risultato di una riflessione profonda, che va oltre il puro intrattenimento e arriva a toccare qualcosa di più universale.
Lo specchio dell’anima.
La vulnerabilità è la chiave di una comicità che non solo fa ridere, ma che aiuta anche a guarire. Quando mettiamo a nudo le nostre debolezze, permettiamo agli altri di fare lo stesso, e così nascono risate sincere e connessioni autentiche. Ignazzino è la mia voce più vera, quella che permette alla comicità di essere il mezzo attraverso cui posso accettare le mie imperfezioni. E in quel processo di autoaccettazione, riesco finalmente a far emergere quella parte di me che, altrimenti, sarebbe rimasta nascosta. Perché ridere delle proprie debolezze è, alla fine, l’unico modo per essere davvero liberi.